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Recensione di The Black Cat Shadow



"Eppure, solo una teiera attira la mia attenzione: è l'unica a essere completamente bianca, con delle fratture dorate. Mi viene in mente l'usanza giapponese di riparare gli oggetti riempiendo le spaccature d'oro. Cosa accadrebbe se anche noi umani potessimo valorizzare così le nostre cicatrici? Quante spaccature mi uscirebbero dagli occhi? Quanto oro sanguinerebbe il mio cuore? Quante volte ci dimentichiamo di onorare le nostre ferite?"

Conoscevo “Ciscandra” per fama; girava su Wattpad, ne parlavano strabene, e come ormai accade spesso, procrastino a tal punto da arrivare a leggere quei romanzi quando sono belli che pubblicati. Io e l'ottimo tempismo siamo una cosa sola.


Credo nel destino, partiamo da questo presupposto, e questa storia è stata una specie di... 𝙧𝙞𝙘𝙝𝙞𝙖𝙢𝙤. Ho potuto concretizzare questa sensazione una volta che mi sono immersa nelle profondità di queste righe oniriche. Perché le chiamo oniriche? Perché Ciscandra non è altro che lungo e tortuoso viaggio nelle nostre menti, negli angoli più bui dei nostri pensieri. È un viaggio dove, a differenza del mondo reale, le paure e i disturbi mentali acquisiscono una forma 𝙘𝙤𝙣𝙘𝙧𝙚𝙩𝙖. Quante volte vi è capitato di sentir dire da chi non sa: “Se il problema non si vede e non è tangibile, allora non è niente di cui preoccuparsi”? Rispondo io. 𝙏𝙖𝙣𝙩𝙚.


Una delle cose che ho più apprezzato è stato, per l'appunto, saper smentire con classe e una ragguardevole dose di fantasia questa affermazione che sono certa perseguita molti di noi. Da bocche amiche, spesso, ho sentito testimonianze di genitori che si rifiutavano di comprendere e vedere la sofferenza di chi, ogni giorno, combatte una guerra interiore. Una guerra che essendo invisibile viene costantemente sminuita. Ed è, penso, una delle cose più orribili e frustranti che possa accadere a chi necessita di una mano ma, al contempo, non ha il coraggio di esprimerlo a chiare lettere, per paura di essere giudicato, o ancora, per paura di essere ignorato.


La protagonista della storia, Ciscandra, quando tenta di suicidarsi buttandosi da un balcone, entra in coma. E nel coma, si ritroverà a fare un viaggio dentro la sua testa, dove ogni cosa ha una forma.


Ci sono vecchie signore con l'orologio nel petto, personaggi che convivono con delle ombre terrificanti alle spalle (le loro malattie), regine che pretendono non esista alcuna tristezza, pena la reclusione nel Sanatorio, conigli apparentemente teneri ma che si rivelano in realtà divoratori di innocenza, scheletri nell'armadio che ti acchiappano per danzare insieme a loro, personaggi che esprimono pareri sull'amore per l'oblio e su come certi vizi possano portarti lentamente alla rovina.


C'è di tutto, ma in questo tutto vedi le cose sotto prospettive diverse: Ciscandra aiuta a capire quanto il presente sia importante, quanto l'amore non sia mai abbastanza per salvare una vita difettosa, come le cicatrici dovrebbero essere un po' valorizzate, come le paure anziché allontanarle bisognerebbe solo avvicinarle per scambiarci due parole, perché hanno sempre qualcosa da dirci. C'è saggezza, tra le righe. Si denota uno studio accurato della psiche umana e dell'umanità di certi pensieri, e si capisce sia nei dialoghi che nei profondi pezzi introspettivi di Ciscandra. Certi passaggi rispecchiavano addirittura alcuni miei modi di pensare, e tante volte, per questo, mi sono ritrovata a sorridere da sola.


Una particolarità che ho adorato è stato il modo in cui è narrata la storia, quasi si trattasse di una storiella della buonanotte da leggere a un bambino, a lume di candela. Questa impressione nasce dalla semplicità con cui vengono espressi i pensieri, dal modo in cui i personaggi interloquiscono tra loro, dalla curiosità perenne della protagonista con le sue innumerevoli domande, che a volte sembrano infantili quando in realtà hanno un loro perché. È un po' un'Alice nel mondo oltre la tana del Bianconiglio.


Tuttavia, questa scelta narrativa non schiaccia lo stile poetico e dolorosamente d'impatto: avrei voluto evidenziare ogni singola pagina, riga, frase. Giuro. Completamente innamorata da come sei riuscita a rendere certi concetti.


La figura di Ophelia, il personaggio shakesperiano, è stata quella che più mi ha “emozionata”. Con lei, il dolore di difficile interpretazione della Regina Bipolare. Tutti, lì dentro, hanno i loro mostri. Non esiste un cattivo, nemmeno la sofferenza o la paura si possono chiamare tali. Più che altro lo è quel meccanismo perverso che ci induce, senza rendercene conto, a voler cercare un rifugio da qualcosa che potrebbe ferirci quotidianamente, perché troppo impegnati a scappare dalle spine della realtà, dalle mani d'aiuto che ci vengono tese.


Inutile dire che ho adorato alla follia Didì, la drag queen. I suoi my love perenni sarebbero da utilizzare come suoneria. Ho adorato il mood che stringe la mano a quello burtoniano, per i particolari crudi e raccapriccianti, capaci di infondere nel lettore un senso di inquietudine che rispecchia la realtà di certe tematiche. E ho adorato, nel dettaglio, il ruolo di Ridal e Alibi, angeli coi nomi di psicofarmaci (Tutta la scena di 𝘎𝘪𝘮𝘮𝘦 𝘋𝘢𝘯𝘨𝘦𝘳 è da pelle d'oca, anche perché l'ho letta con quella canzone alle orechie).


Non so neanche che tipo di complimento conclusivo scegliere, perché non renderebbe giustizia a quanto ho letto. Per cui mi limiterò a un grazie dal profondo del cuore, perché questo viaggio non solo serve a guardare le cose da una prospettiva differente, ma potrebbe servire anche a chi davvero sta attraversando un periodo nero.


Spero che Ciscandra venga letta da più occhi e abbracciata da più cuori in subbuglio.

Attendo di leggere il sequel.

Lara


 

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