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  • Immagine del redattoreLinda

Estratto inedito, conigli cannibali e illustrazione ultimata!




Caro Mad Muffins,


durante questo mese la nostra Autrice ci ha fatto proprio impazzire! Era così presa dalla correzione del libro che ha lasciato in ogni dove fogli sparsi, macchiati da penne rosse e impazzite. Non si poteva andare in cucina, nella Sala del Tè o nella torre, che ecco arrivarti contro un plotone di appunti!


Inutile dire che Didì non ha fatto che aumentare il caos generale (ora si sta costruendo un costume di scena traboccante di piume e ha deciso che vuole esercitarsi a cantare la Carmen prima di andare a dormire).


L'unico dell'Asylum a non lamentarsi del rumore è stato il Dottor Jekyll, sempre chiuso nella sua cucina a sperimentare nuovi muffins da sfornare.


Ebbene sì, ci stiamo dedicando a un'ultima revisione del libro. In questo ci sta dando un aiuto prezioso Michela, un'anima speciale che trova sempre il tempo di venire a trovarci (sopportando la polvere, e il gatto di Baudelaire, che le salta di continuo sulle gambe per rubare il té dalla sua tazza). 


Ma cosa rende questo mese così importante?


Prima di tutto avrai l'occasione di leggere un altro estratto inedito di Ciscandra! Poi ti mostreremo su quale altra creazione handmade stiamo lavorando e in ultimo... potrai vedere la fantastica illustrazione della nostra Ephygenia terminata! 




Appena esco, il sole mi coglie alla sprovvista, costringendomi a chiudere gli occhi.


Lo scenario che mi trovo davanti mi lascia incapace di elaborare qualsiasi pensiero per qualche secondo. Sono travolta da una serie di immagini inspiegabili e mi domando se per caso non sia stata trascinata indietro nel tempo.


La città che mi respira attorno brulica di colori e schiamazzi.

Ci sono donne che camminano lente con corsetti rifiniti di fantasie barocche. Hanno vitini stretti ed enormi gonne con strascichi che sfiorano la strada acciottolata. Alcune portano strani cappelli piumati e variopinti in testa, molte hanno i capelli raccolti come Isabel. Gli uomini, invece, indossano alti cilindri neri e giacche piene di bottoni, panciotti a righe e orologi da taschino appuntati al petto. Molti hanno basette lunghe e baffi folti. Alcuni passeggiano accompagnati da bastoni intarsiati, altri sono fermi in circolo a chiacchierare, intenti a fumare i propri sigari pregiati. In lontananza si sente la musica di una banda. Diverse coppie si riparano dal sole, passeggiando sotto ombrellini di pizzo. Altre sono ferme davanti alle immense vetrine dei negozi più disparati: fornai, sarti, barbieri, pipe, alimentari, falegnami, saponi. C’è uno strano odore di rancido nell’aria, coperto dalla scia del profumo di qualche signora.


Ma, in tutto questo clima idilliaco, sono due le cose che realizzo di colpo e che mi scuotono con un brivido.


La prima è che tutte le persone che vedo sorridono. Certo, in questo non c’è niente di anomalo. Eppure è strano il modo in cui lo fanno: sorridono troppo, sorridono sempre, con bocche larghe e rigide e denti bianchi tutti in vista. È quasi come se si stessero sforzando, perché molti dei loro sguardi sono spenti ed esangui.

La seconda cosa è che ogni persona è seguita da un’enorme ombra nera e questa non è incollata a terra, ma striscia alle spalle della persona mentre questa cammina, o sosta con lei, fluttuando, ma sempre senza emettere alcun suono.

Le ombre sono delle dimensioni e forme più disparate. Non tutte hanno sembianze umane: alcune sembrano sagome di oggetti o animali, altre mutano così in fretta che è impossibile definirle. L’unica cosa che le accomuna è il loro nero, denso e quasi vibrante, e i loro artigli ricurvi e affilati.


«Oh, mio Dio!», lo dico piano, perché ho la gola talmente secca che la voce fatica a uscire. «Che succede, tesoro?», mi chiede Dalila voltandosi con una mano sulla guancia. Solo allora mi accorgo che anche lei e Isabel hanno quel sorriso meccanico sulle labbra, ma chiedo una cosa sola: «Che cosa sono quelle?» Una donna con un vestito arancio e un cappello affollato di sottili piume verdi mi passa davanti. La sua ombra somiglia a un enorme serpente, o forse è meglio parlare di drago, perché ha delle ali talmente grandi da oscurare il sole al suo passaggio. «Oh, my love! Ma queste sono le nostre malattie!», dice Didì, stringendosi nel completo scuro. «Le vostre...», lo dico guardandola allibita, poi mi volto verso Isabel, che sta indossando un paio di guanti bianchi.


Solo ora riesco a vederle. Anche Dalila e Isabel sono sovrastate da gigantesche ombre silenziose.

«Oh cara, non spaventarti! Non possono farti alcun male!», dice Isabel, mentre io cerco di fissare negli occhi l’essere mutevole che le sta alle spalle, ma mi rendo conto che di occhi non ne ha. La sua ombra somiglia forse a un cervo, ma è strano, perché penso abbia anche delle zanne. Quella di Didì è forse qualcosa con delle squame. Ma a volte si scrolla interamente e allora appare anche qualche braccio. «Che cosa... Perché non le ho viste prima?», chiedo senza riuscire a staccare loro gli occhi di dosso. «Oh, compaiono solo alla luce del sole. Ma non sappiamo bene perché», mi risponde Isabel, dando un buffetto al piccolo gufo, che sta sonnecchiando placidamente sulla sua spalla.

Solo qualche momento dopo mi accorgo di essermi allontanata di qualche passo da loro. «Ma... ma... a cosa servono... cioè... cosa...», le parole escono tremando senza avere forma. «Sono totalmente innocue per te, tesoro. Noi siamo le uniche a cui possono fare del male», dice Isabel guardandomi e continuando a sorridere meccanicamente. «Voi?», dico con le mani improvvisamente fredde. Lei si guarda intorno brevemente e poi dice a bassa voce: «Noi possiamo, come dire, essere impossessate dalla nostra malattia» «E che cosa succede se venite impossessate dalla...», chiedo senza riuscire a finire la domanda. «Oh, care! No, no, no! Vi prego! Non possiamo parlarne ora! Non qui!», risponde Dalila con un filo di esasperazione, cercando un segno d’assenso nei nostri sguardi. Cerco di ignorare la sua ombra nera e di concentrarmi sui ricami del suo turbante che risplendono alla luce del sole. Poi continuiamo a camminare piano, quasi più lentamente di prima, mentre il silenzio ci distanzia per qualche minuto. Ma un grido si leva d’improvviso: «Aiuto! Chiamate gli Stabilizzatori! Presto! Chiamate gli Stabilizzatori!»


Le cose che vedo in sequenza sono queste: un bambino, che aveva le mani appiccicate all’enorme vetrina di un negozio, si allontana correndo. Ha i piedi nudi, dei vestiti stracciati e un basco nero in testa. È sporco dalla testa ai piedi, come se fosse stato immerso totalmente nella fuliggine. Ma la cosa che si nota immediatamente è l’espressione triste che lo segna in modo violento: ha gli occhi spezzati dentro, come se avesse ferite invece che pupille. Le ombre iniziano ad agitarsi impazzite, mentre le persone si bloccano spaventate. Didì e Isabel voltano di scatto la testa, come se guardare quel piccolo bambino negli occhi fosse un pericolo mortale.

«Aiuto! Gli Stabilizzatori! Presto! Presto! Vi prego fate presto!», la donna che lo grida ha un’espressione sconvolta. È paonazza e a forza di gridare la voce le si strozza in gola.

Quello che accade in seguito, accade molto velocemente.


Sento degli zoccoli di cavalli sopraggiungere al galoppo. Una carrozza con delle ruote rosse si ferma a pochi metri da noi. Dall’abitacolo traballante scendono degli uomini bendati, in una strana armatura celeste e con delle lance affilate che terminano con delle mezzelune. Quando il bambino viene preso non emette neanche un suono, non lotta, non si dibatte, non protesta: guarda semplicemente il soldato che ha di fronte, allunga le sue piccole braccia per farsi prendere in braccio e scompare nella carrozza. I cavalli partono così in fretta da alzare un’enorme nuvola di polvere in strada.


«Chi erano quelli? Dove lo portano?», dico spaventata. Isabel e Didì spostano solo i loro occhi verso di me restando immobili come statue. Mi guardo intorno, mentre la gente ricomincia pian piano a camminare le ombre paiono calmarsi e il rumore della città torna a scorrere insieme al tempo. «Sono gli Stabilizzatori dell’Umore, mia cara. Guardie della regina», il sorriso di Isabel è spezzato. «C’è una regina?», chiedo incredula. «Sì, tesoro. Siamo sotto una dittatura spietata!», risponde Didì iniziando a farsi aria con una mano. «Ma dove portano quel bambino?», dico voltandomi nella direzione della carrozza ormai scomparsa. «Quello era un lunatico, tesoro», Didì ora mi guarda seria, con una mano appoggiata al fianco. La sua ombra, dietro di lei, ondeggia le braccia da un lato all’altro. «Un...», espiro esasperata. «Lo so, tesoro caro, sei confusa! Ma ora vieni, siamo arrivati. Vieni e avremo un posto dove parlare con più calma», Dalila mi si avvicina piano, forse ha paura di spaventarmi. Così io evito di guardare la sua malattia e lei mi mette un braccio intorno alle spalle.

Ho decisamente bisogno di conforto.



Nel crowdfunding ci saranno tante ricompense costruite a mano. In questo periodo stiamo lavorando alla "Tea Time Box". All'inizio questa scatola doveva essere una normalissima scatola (contenente alcuni premi... che ancora non possiamo svelare). Ma poi, in una pazza notte, si è trasformata in una stanza! Sì, avete capito bene. Stiamo ricreando (nel coperchio interno della scatola di legno) la parete di una stanza, e non una qualsiasi, ma la Sala del Tè, un luogo dove la nostra drag queen ama venire per cucire i suoi vestiti e sorseggiare tè bollente. Come puoi vedere è tutto in costruzione. La stanza è in completo disordine, va montato bene uno scaffale, sistemati i libri, ultimato il vestito di Dìdì e costruita una parte della stanza (che ora non potete vedere!). Anche il nostro bellissimo coniglio cannibale sull'esterno della scatola è solo una prova. Daremo vita a molti conigli cannibali prima di trovare quello definitivo che sorveglierà questo luogo speciale. Tutto quello che vedi è solo provvisorio. Chissà quanti altri ingranaggi e particolari si aggiungeranno!





Ed eccoci arrivati alla fine. Vi lasciamo con questa meraviglia! La Donna Orologio e questa atmosfera onirica in tutto il suo splendore!


Ti salutiamo dolcezza! Alla prossima newsletter! ♥





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